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«Nel carcere manca l’acqua calda»: sciopero della fame per 60 detenuti

La protesta nel braccio definito di «alta sicurezza» con arrestati per reati di tipo associativo mafioso

AGRIGENTO. Niente acqua calda dai rubinetti: una sessantina di detenuti protestano con lo sciopero della fame. Rifiutano il cibo dell'istituto, qualcuno ha anche buttato nell'immondizia quello portato dall'esterno per dimostrare il proprio disappunto. La situazione, dopo sette giorni, dovrebbe comunque tornare alla normalità. Ieri mattina la direzione del carcere Petrusa è riuscita a reperire i fondi e far partire i lavori all'impianto idrico. La protesta dei detenuti del braccio che in gergo viene chiamato "primo destro" è iniziata l'11 marzo scorso. In questa sezione del carcere, definita di "alta sicurezza", ci sono circa sessanta detenuti per reati di tipo associativo. Si tratta di condannati o persone detenute nella fase cautelare per associazione mafiosa, traffico di droga e altri reati particolarmente gravi. All'origine del problema c'era un guasto all'impianto di distribuzione dell'acqua all'interno del carcere. Un difetto nel sistema di smistamento che aveva isolato soltanto la sezione "alta sicurezza" del penitenziario di contrada Petrusa. Dai rubinetti usciva solo acqua gelida. Lavarsi e farsi le docce era completamente improponibile viste anche le temperature molto rigide degli ultimi giorni della stagione invernale. I detenuti, anche attraverso familiari e avvocati, hanno informato della questione i responsabili della polizia penitenziaria del carcere. Il direttore Valerio Pappalardo, ieri mattina, ha confermato che il problema è prossimo alla soluzione. «Abbiamo cercato di fare tutto in fretta - ha detto ieri mattina - ma i tempi e le procedure di una pubblica amministrazione sono sempre molto più complicati. I tecnici stanno intervenendo per risolvere il problema, lo abbiamo già comunicato ai detenuti - ha aggiunto Pappalardo - che interromperanno la protesta iniziata una settimana prima». La protesta, nel frattempo, va avanti. Cesserà solo quando i reclusi vedranno operai al lavoro e la soluzione auspicata più vicina.

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