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Ciapigate, un imprenditore: «Pagavo pubblicità fasulle»

Il titolare di un’azienda coinvolto nell’indagine sul Ciapi agli investigatori: «Giacchetto lavorava e faceva lavorare». La sua confessione: finanziati programmi mai trasmessi e striscioni piazzati in campi di periferia

PALERMO. Pietro Messina, imprenditore nel settore della comunicazione ma anche titolare del ristorante Burro, fa ammissioni in serie.  Messina, indagato della vicenda Ciapigate, titolare di due aziende, la Fmr Team e la Fmr Group, è stato arrestato con altre 16 persone il 19 giugno scorso. Davanti al Gip Luigi Petrucci e ai pm Pierangelo Padova e Maurizio Agnello parla degli acquisti che si facevano con i soldi dell’Unione europea e della Regione: c’erano tra l’altro un programma contro l’alcolismo giovanile, «Non solo alcol», e un’altra trasmissione, «360 gradi». Ma, come si legge nell’articolo di Riccardo Arena sul Giornale di Sicilia, non tutto andava in onda. Al manager Giacchetto toccava la parte più significativa: lui faceva costare tutto di più e aveva diritto al surplus. Tanto, pagava la Regione. Grazie a Giacchetto, dice Messina, «facevo un 70 per cento in più. Partivo da un milione e 200 mila, più il 70... Io penso di avere fatturato 5-6 milioni». Le pubblicità magari nemmeno uscivano, ma «io avevo il progetto approvato dal Ciapi e pagavo...». Intanto,  si scioglie il consiglio di amministrazione di Jumbo Grandi Eventi, società e gruppo al centro della bufera giudiziaria partita da Palermo, con l’inchiesta denominata proprio «Grandi eventi» e gestita dal pool pubblica amministrazione della Procura. Una decisione che azzera il vertice del gruppo, leader in Italia nell’organizzazione di eventi sportivi, istituzionali e «corporate».

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