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Padre Puglisi, Palermo lo ricorda con una messa dove fu ucciso

Il cardinale Romeo celebra la funzione oggi a Brancaccio, la prima dalla proclamazione a beato di «don Pino»

PALERMO. Un fiore sulla sua tomba, una messa nel luogo dell'agguato. Sarà celebrato con sobrietà, la stessa con cui ha vissuto tutta la vita, il ventesimo anniversario dell'omicidio di don Pino Puglisi, il parroco di Brancaccio ucciso a Palermo dalla mafia il 15 settembre 1993 e proclamato beato lo scorso 25 maggio. Preso di mira perché «sottraeva alla mafia del quartiere consenso, manovalanza, controllo del territorio - disse il cardinale Romeo nell'omelia della beatificazione -. In odio a questa fede compiuta nella carità, che si faceva missione nel territorio, la mafia tanto devota a parole uccise don Pino». Ma è don Puglisi stesso a spiegare il motivo di questo impegno incessante e a lasciare un'eredità chiara: «Il primo dovere a Brancaccio è rimboccarsi le maniche - dice sette mesi prima di morire, durante un incontro al centro Padre Nostro da lui fondato -. E i primi obiettivi sono i bambini e gli adolescenti: con loro siamo ancora in tempo, l'azione pedagogica può essere efficace».
Padre Pino Puglisi puntava a questo quando la vita gli fu strappata la sera del suo 56° compleanno, a Palermo. Predicava il Vangelo, formava le coscienze nella verità, promuoveva la carità e l'attenzione agli ultimi. La sua «condanna a morte» fu decisa dai boss di Cosa nostra. Il 29 settembre 1990 era stato nominato parroco a San Gaetano, a Brancaccio. Il 29 gennaio 1993 aveva inaugurato il Centro Padre Nostro, punto di riferimento per i giovani e le famiglie del quartiere. Aveva ingaggiato una battaglia per ottenere una scuola media nel quartiere e la bonifica degli scantinati di via Azolino Hazon, diventati sede di ogni forma di illegalità. Questa sua attività pastorale, come è stato ricostruito dalle inchieste giudiziarie, ha costituito il movente dell'omicidio. La sera del 15 settembre 1993 don Puglisi trovò ad attenderlo il killer Salvatore Grigoli, che si è poi autoaccusato del delitto e di decine di altri omicidi e ha intrapreso un cammino di conversione. Per il delitto sono stati condannati all'ergastolo Giuseppe e Filippo Graviano, mandanti e boss di Brancaccio, Gaspare Spatuzza, Nino Mangano, Cosimo Lo Nigro e Luigi Giacalone. Grigoli, divenuto collaboratore di giustizia, è stato condannato a 16 anni.
Nelle motivazioni della sentenza della seconda sezione della Corte d'Assise di Palermo (presidente Vincenzo Oliveri, giudice a latere estensore Mirella Agliastro) si dice: «Emerge la figura di un prete che infaticabilmente operava sul territorio, fuori dall'ombra del campanile... L'opera di don Puglisi aveva finito per rappresentare una insidia e una spina nel fianco del gruppo criminale emergente che dominava il territorio, perché costituiva un elemento di sovversione nel contesto dell'ordine mafioso, conservatore, opprimente che era stato imposto nella zona, contro cui il prete mostrava di essere uno dei più tenaci e indomiti oppositori».
Oggi il suo esempio e il suo martirio saranno ricordati a partire dalle 16, con un omaggio floreale sulla tomba in Cattedrale, mentre alle 18, in piazzale Anita Garibaldi, luogo dell'omicidio, sarà celebrata una messa presieduta dal cardinale Paolo Romeo, arcivescovo di Palermo. «È la prima volta - sottolinea Sonia Alfano, presidente della commissione Antimafia europea e dell'Associazione familiari vittime di mafia - che commemoriamo don Puglisi beato. Un particolare che dimostra quanto indelebile sia il segno che ci ha lasciato».

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