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Belmonte Mezzagno, vicino ai boss come ingegnere ma per i giudici "può fare il sindaco"

PALERMO. Da ingegnere, responsabile per la sicurezza di un'impresa che aveva ricevuto subappalti dall'Enel, Pietro Di Liberto, sindaco Pd di Belmonte Mezzagno, ha pericolosi "vincoli parentali e cointeressenze economiche con soggetti ed enti contigui alla criminalità organizzata". Rapporti che possono condizionare le gare d'appalto, revocate alla ditta, la Siem, in cui Di Liberto ha lavorato per sette anni. Ma da primo cittadino può mantenere l'incarico senza incorrere nel rischio di scioglimento del Consiglio comunale per
infiltrazioni mafiose, fattispecie che per essere applicata richiede elementi "concreti, univoci e rilevanti", scrivono i giudici amministrativi d'appello.
La vicenda - riportata dal Giornale di Sicilia - comincia il 2 dicembre 2011, quando la prefettura di Palermo informa l'Enel sul rischio di infiltrazioni mafiose dovute alla presenza di Di Liberto nei ranghi della Siem. L'Enel revoca tre appalti e chiude ogni rapporto con l'azienda subappaltatrice, che si rivolge al Tar, chiedendo l'annullamento della nota prefettizia e spiegando che l'ingegnere è stato rimosso a partire dal 6 febbraio 2012. Il Tar accoglie il ricorso, ritenendo che il rischio di infiltrazioni mafiose è venuto meno con
l'allontanamento dell'ingegnere. Però il Cga ribalta la decisione. Gli avvocati della Siem insistono e nel ricorso d'appello sottolineano una palese contraddizione: Di Liberto è stato eletto sindaco dopo la segnalazione della prefettura e nessuno ha pensato di avviare la procedura di scioglimento del Consiglio comunale. Ma per il Cga non c'è contraddizione.
"Mi contestano la parentela di ottavo grado con il figlio del fratello di mia nonna, che non vedo da vent'anni - spiega Di Liberto - e l'aver incontrato per lavoro un soggetto che risulta
essere oggetto di indagini. Faccio il sindaco da quasi due anni senza prendere un centesimo. Ho approvato il codice anti-corruzione e rinegoziato contratti di diversi milioni".

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