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Palermo, estorsione ad una produzione cinematografica: scatta un sequestro da 3 milioni

PALERMO. La guardia di finanza di Palermo ha sequestrato 10 appartamenti, un magazzino, un motoveicolo e disponibilità finanziarie, del valore complessivo di circa 3 milioni di euro, in esecuzione di un provvedimento emesso dal Tribunale di Palermo – Sezione Misure di Prevenzione, su richiesta della locale Procura della Repubblica. Colpito dal sequestro è Gaetano Castagna, 47 anni, palermitano arrestato nell’ottobre 2012 per estorsione ed associazione a delinquere di stampo mafioso, in quanto ritenuto appartenente alla famiglia della “Noce”.


Nell’ambito dell’operazione “Atropos, che ha azzerato i vertici e l'organigramma dell’omonimo mandamento, erano state arrestate quarantuno persone a cui venivano contestati, a vario titolo, i reati di associazione mafiosa, estorsione, traffico di stupefacenti, interposizione fittizia e possesso di armi da fuoco. L'indagine ha consentito di ricostruire le dinamiche dell’imposizione del “pizzo” a numerosi imprenditori e commercianti dei quartieri controllati, le relazioni con i capi di altre 'famiglie' mafiose della città, nonché i meccanismi di finanziamento della cosca, che si avvaleva anche dei guadagni di numerose agenzie di scommesse sportive dislocate su Palermo, sequestrate nel corso dell’operazione, in quanto riconducibili a Cosa Nostra.

Nella stessa indagine, Castagna era stato indagato per alcune condotte estorsive, come l'imposizione di incarichi ed assunzioni nei confronti di una società di produzione cinematografica, la Magnolia, impegnata sul capoluogo nelle riprese di una fiction per la tv, "Il segreto dell'acqua", con Riccardo Scamarcio come protagonista.  Castagna è stato condannato a 10 anni di reclusione.

Il provvedimento di sequestro ha riguardato principalmente gli immobili e le disponibilità finanziarie riconducibili al condannato ed al suo nucleo familiare. Gli accertamenti eseguiti dal Nucleo di Polizia Tributaria di Palermo hanno infatti evidenziato che i citati beni, alcuni dei quali intestati ai congiunti, sono da considerarsi frutto delle attività illecite o il reimpiego dei relativi proventi, in quanto sono risultati essere di un valore palesemente sproporzionato rispetto ai redditi dichiarati dai componenti del sopracitato nucleo familiare.

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