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La Regione flop, l'Autonomia inutile

Avevamo espresso fin dall’inizio molte perplessità sui progetti avviati dalla Regione per rispondere all’emergenza occupazione che colpisce in particolare gli under 35. Sia il Piano Giovani sia i Cantieri di Lavoro ci sembravano iniziative inadeguate. Risorse sparpagliate senza un vero obiettivo che non fosse quello di elargire un po’ di mance. Avevamo segnalato il rischio di possibili incidenti. Non avevamo previsto, però, il disastro che è successo. Ma la realtà supera talvolta le peggiori fantasie. Soprattutto in Sicilia. Quello che si vede è l’assoluta incapacità della Regione di promuovere una efficace politica dell’occupazione. Per programmarla bisognerebbe puntare sullo sviluppo dell’impresa privata. Un obiettivo, però, che si ottiene con scelte appropriate. Evitando carichi fiscali aggiuntivi rispetto alla già altissima tassazione nazionale, oppure rendendo la burocrazia efficiente ed amica delle aziende, creando, in generale, un clima favorevole all'impresa. In assenza di un disegno tanto ambizioso alla Regione non è rimasto che mettere un po’ di «pezze». Anche a colori essendo, molto spesso, le iniziative totalmente scoordinate. Dopo vari esperimenti non sempre felici è stata tentata la strada del Piano giovani per dare una opportunità ai ragazzi (si fa per dire dal momento che la platea può arrivare fino a 35 anni). Un’operazione davvero minimale: ingaggio breve (massimo un anno) e malpagato (500 euro mensili). Un progetto più assistenziale che produttivo alla cui elaborazione ha contribuito anche il governo nazionale, visto che gran parte dei finanziamenti arriva da Roma.
Lo spirito dell’iniziativa è quello di incentivare l’incontro dei giovani con il mondo delle imprese. Un messaggio in bottiglia più che una programmazione. Alla base del piano, infatti, c’è solo la speranza che da cosa possa nascere cosa e magari da un appuntamento casuale possa fiorire una relazione. Senza rendersi conto che il lavoro non nasce con un colpo di bacchetta magica bensì rilanciando domanda e consumi. Ma questo vuol dire tagliare le tasse, riformare la pubblica amministrazione e la giustizia, rendere flessibile il mercato del lavoro. Operazioni lunghe e impegnative. Molto più semplice (ed elettoralmente efficace) disperdere a pioggia un po’ di risorse. Con l’aggravante che in un’area, come la Sicilia afflitta dal record di disoccupazione giovanile, anche un miraggio può sembrare un’opportunità. Decine di migliaia di giovani si sono illusi di poter finalmente iniziare un percorso lavorativo. La vastità delle aspettative, seppure a fronte di progetti minimali, avrebbe dovuto comunque mobilitare la pubblica amministrazione a fare presto e bene: tavoli speciali, task force dedicate, unità di crisi per dare risposte efficaci e tempestive. Su tutto il meccanismo la vigilanza attiva e stimolante della politica. Invece c’è stato il deserto.
Non un solo Cantiere di lavoro in un anno e sul Piano giovani il caos più assoluto. Il sito che doveva servire alle iscrizioni si ferma. La ditta Ett, incaricata di fornire la piattaforma, additata come unica responsabile. Antonio Ingroia, commissario della società informatica di proprietà della Regione, che si dice pronto a intervenire. I risultati, però, non arrivano. Ira e delusione su tutti i fronti. Su questo campo minato si intrecciano i regolamenti di conti fra assessori e alti burocrati. Sullo sfondo decine di migliaia di giovani che aspettano una risposta. In parecchi, nonostante il terremoto informatico, sono comunque riusciti a presentare il loro modulo di iscrizione. Che fine faranno? Non si capisce. La confusione è al massimo livello. Eppure la situazione dovrebbe essere chiara a tutti. Il direttore generale del Fondo Monetario, Christine Lagarde, è stata perentoria: la diffusione della disoccupazione giovanile rischia di bruciare un’intera generazione. I ragazzi che oggi pur non avendo un lavoro conservano ancora la speranza. Tuttavia se la situazione non migliora saranno dei vecchi poveri e disperati la cui sopravvivenza finirà a carico di figli e nipoti. Un quadro apocalittico che in Sicilia, dove c'è il record europeo di disoccupazione giovanile (peggio ancora di Spagna e Grecia) diventa infernale.
Il lavoro per questi ragazzi (non il posto o lo stipendio purchessia) dovrebbe essere la stella polare dell'amministrazione regionale. Invece sta diventando il terreno per regolamenti di conti fra politica e burocrazia come dimostra il pasticcio sul bando per il piano giovani che il direttore generale Anna Rosa Corsello ha pubblicato e gli assessori Giuseppe Bruno e Nelli Scilabra hanno rinnegato. Una battaglia di potere sulla pelle di decine di migliaia di giovani. Chiacchiere e tabacchiere di legno al posto di impegni precisi.
In questa situazione non deve stupire se una larga fascia di opinione pubblica, scrivendo libri o intervenendo sui grandi giornali di Milano e Roma, mostra crescente fastidio verso l'Autonomia. In Sicilia i circoli del politicamente corretto fanno il muso duro parlando, come al solito, di un pregiudizio alimentato dalla diffusione dello spirito leghista. Mai un esame realistico della situazione. L'Autonomia ha un senso se serve ai siciliani. Non può diventare lo scudo per abusi e privilegi di una classe politica inefficiente. Come scrive Lelio Cusimano a pagina 4, bisogna coniugare i verbi dello sviluppo e della crescita. Lo Statuto deve consentire interventi più incisivi ed efficaci rispetto alle altre Regioni. Se invece fa come le altre o anche peggio, allora non ha più senso.

 

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