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Il giudice: «Bici elettrica come un ciclomotore»

Respinto il ricorso di un cittadino al tribunale di pace. I vigili urbani gli avevano sequestrato il mezzo senza immatricolazione

PALERMO. Aveva acquistato una bicicletta elettrica con pedalata assistita da un rivenditore, che gli aveva rilasciato anche un’attestazione con tanto di dépliant della casa nella quale si leggeva nero su bianco che il mezzo era omologato e rispondeva alle norme previste in Italia. La bici Oscar 91 della Zenith Project si può condurre senza casco, non ha bisogno di targa e di bollo. Non va immatricolata e si può circolare senza assicurazione. Non per i vigili urbani di Palermo, che erano intervenuti in un incidente nel quale era rimasto vittima Francesco Paolo Caracausi. Nel corso dei rilievi, per accertare le responsabilità, i vigili urbani contestarono al «ciclista» palermitano di guidare un mezzo senza immatricolazione e per di più senza assicurazione. Una sanzione, quest’ultima, che comportava prima il sequestro del mezzo e poi la confisca. Guai su guai per chi, per rispettare l’ambiente e per risparmiare qualche soldo in questi anni di crisi, aveva scelto di muoversi utilizzando i mezzi ecologici. «Ho cercato di spiegare che avevo tutto in regola – dice Caracausi – Avevo la dichiarazione di vendita di conformità del mezzo alle leggi nazionali. Il documento di vendita. Un’attestazione di conformità emessa da parte della ditta di Alcamo che continua a vendere a decine questi mezzi elettrici, smerciate come biciclette a pedalata assistita. I vigili urbani non hanno sentito ragione. C’era una manopola del manubrio che consentiva di accelerare e camminare senza le pedalate. Per questa manopola, secondo gli uomini del Comando del capoluogo, «il mezzo era equiparabile ad una moto elettrica da immatricolare e assicurare». E così, anziché risparmiare, il ciclista si è visto appioppare multe per centinaia di euro, la confisca del mezzo e le spese legali per cercare di arginare questo incubo giudiziario in cui era precipitato. Suo malgrado.

I verbali della polizia municipale hanno resistito, prima al ricorso alla prefettura che aveva decretato il provvedimento di confisca del mezzo visto che erano state violate «le disposizioni dell’articolo 193/2 del codice della strada in quanto – si legge nel provvedimento a firma del vice prefetto Chiarello – circolava con il mezzo sprovvisto di polizza assicurativa». Contro questa decisione, Caracausi, assistito dall’avvocato Irene La Franca, ha presentato ricorso al giudice di pace. Ma anche il giudice Carmela Russo ha legittimato l’operato dei vigili urbani del comando palermitano. «La bicicletta elettrica – si legge nella sentenza – è soggetta alle prescrizioni relative ai ciclomotori. È dotata di un acceleratore che distribuisce la potenza indipendentemente dall’azione della pedalata. La bicicletta a pedalata assistita è dotata di un motore elettrico dove la sua azione propulsiva interviene esclusivamente quando siano azionati i pedali. In base alle misure, il mezzo in questione potrebbe rientrare nella seconda categoria se non fosse per un pulsante che consente la marcia anche quando non si pedala». Alla luce di questo elemento, «il ministero dell’Interno – prosegue la sentenza – ha comunicato che occorre procedere al sequestro di quei veicoli in vendita come biciclette a pedalata assistita, ma che in realtà sono dei ciclomotori contestando il reato di frode in commercio punito dall’articolo 515 del codice penale». Per il «ciclista» palermitano una vicenda paradossale visto che sulle strade, non solo a Palermo, ma in tutta la Sicilia, di queste bici elettriche ce ne sono centinaia. «Aspetto ancora che vengono fermati e sequestrati – conclude Caracausi – Ancora prima, come successo a me, di essere vittima di un incidente».

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